Alpe del Viceré 15, 16, 17 giugno 1973

Il testo qui sotto riprodotto è tratta dal numero 27 (5 luglio 1973) della rivista Qui giovani in cui la rubrica "La voce dell'underground", curata da Re nudo, costituiva un importante contatto con il mondo underground.

IL FESTIVAL C'E' STATO

Un atto di forza e di coraggio e il popfestival di Re Nudo, nonostante il boicottaggio e le proibizioni, c'è stato.
Dopo un braccio di ferro pazzesco tra gli organizzatori e la giunta comunale di Albvilla, il sindaco ha ceduto davanti alla presenza di migliaia e migliaia di ragazzi in marcia da tutta l'Italia. Infatti mentre già all'Alpe del Viceré avevamo superato le cinquemila persone e la strada che parte da Albavilla era un fiume continuo di nuovi arrivi, il sindaco dichiarava: "Davanti al festival chiuderò un occhio".
Certo, non è stato il festival con gli audiovisivi, filmati vari e con la partecipazione di tutti i complessi in programma. Molti gruppi, infatti, leggendo sui quotidiani le traversie del festival, avevano deciso di disertare.
Per i primi due giorni il festival si è trasformato in un gigantesco "be-in", cioè in un posto dove non succedeva niente di organizzato e dove invece dieci-quindicimila giovani immersi in una splendida vallata circondata da boschi e prati "stavano insieme mangiando, vivendo in modo diverso" come ha dovuto riconoscere l'inviato del Corriere della Sera. Un posto dove la musica nasceva qua e là, improvvisata da diversi gruppi spontanei che con decine di inverosimili strumenti (lattine, bongo, chitarre, flauti, bottiglie) creavano una atmosfera fantastica.
All'ingresso vigilava un agguerrito servizio d'ordine, poiché il timore di uno sconsiderato intervento della polizia (che invece si è comportata con intelligenza) non è mai stato realmente eliminato.
Poi sabato sera, la prima musica da un palco di fortuna. Con una amplificazione rimediata alla meglio, con un'allacciamento elettrico fatto in barba alle autorità comunali hanno suonato gli Stormy Six, Mario Di Leo, Yu Kung e tutti i gruppi "acustici".
Solo domenica pomeriggio, con l'arrivo di Franco Battiato e con la sua potente amplificazione si è potuto iniziare il vero e proprio popfestival con i duemila watt promessi. Due concerti Battiato, pomeriggio e sera, poi gli Aktuala, i Supermarket, i bravissimi Dedalus di Torino reduci dal successo al Festival d'Avanguardia di Napoli e infine, a notte fonda, gli Atomic Rooster che hanno improvvisato un concerto per tutti i "superstiti".
Ed eravamo ancora in tanti. Dopo la punta massima di ventimila persone di sabato sera, domenica eravamo almeno in dodicimila in uno scenario notturno incredibile: i pendii della vallatapieni di gente, nel fondo la pedana illuminatada un gioco di luci colorateguidate dai tecnici di Battiato, sullo sfondo il verde del bosco che, rischiarato a tratti dai riflettori gialli e rossi, sembrava incantato. I fuochi accesi a centinaia e la luna piena erano l'ultimo tocco necessario per questo magico raduno.
Giustamente gli organizzatori hanno ringraziato Battiato non solo per la sua esibizione, ma anche per aver messo tutto quanto poteva a disposizione di tutti.
Una grande prova di maturità ce l'hanno data comunque anche i partecipanti: pensate che per arrivare al festival bisognava fare ben sette chilometri a piedi e in salita! I carabinieri, infatti, in accordo con il Comune avevano organizzato un blocco stradale per scoraggiare la gente. Ma con ben scarsi risultati. Il fatto che in così tanti non si siano turati indietro, il fatto che i tornanti dell'Alpe del Viceré da sabato a domenica, fossero un brulichio di gente in jeans, è stato forse il dato più significativodi questo festival dell'underground, la conferma cioè che il "movement" esiste anche in Italia.
Questa forza che è scesa in campo il 15-16-17 all'Alpe del Viceré per il 3° Re nudo pop, che si è tenuto lo stesso con una vera e propria occupazione di massa, nonostante le proibizioni, è una forza ormai consapevole di quello che esprime. Ed è su questa forza, con questa consapevolezza che nuove esperienze più avanzate attendono l'underground.
Uno dei pochi abitanti del luogo che non si era ricreduto sui "capelloni" uscendo dal campo ha detto al figlio di 5-6 anni: "guardali bene, questi sono i rifiuti della società", rispecchiando in sostanza le vedute del giornale locale che aveva espresso lo stesso concetto in un corsivo pieno di insulti contro il festival e i capelloni.
Alla fine di tutto, quando oltre cento di questi "sudici capelloni" sacchi alla mano ripulivano i 60.000 mq di tutti i rifiuti, compariva un cartello diretto evidentemente al giornale della provincia e a tutti i bigotti del paese: "Siamo noi i rifiuti della società o siete voi la società dei rifiuti?"