Ca Bala
Ca Balà

 

N. 1 Aprile 1971, n. 38/39 (ultimo numero prima serie) giugno 1974. La rivista riprende le pubblicazioni con una nuova serie dal numero 0 (Album del governo giallo) e poi il n. 1 del marzo 1976 e termina con il numero 10 del gennaio 1980.

"Aprile 1971 in veste grafica molto dimessa, "stampato in proprio". Edito dal Gruppo Stanza, esce Ca Balà. Piero Santi che diviene anche il primo direttore, sceglie la testata prendendo il titolo di una sua rivista Fiorentina degli anni Cinquanta, rivista letteraria e non di satira. L’origine del nome Ca Balà pare provenga da una «Fondamenta Veneziana» e non ha nessun altro significato che l’onomatopeicità del suono. Scrittore fiorentino amico di Gadda, Rosai e Bonsanti, Piero Santi e un gruppo di giovani, Pietro Bertoli, Graziano Braschi, Paolo Della Bella e Berlinghiero Buonarroti, partono, lancia in resta, con aggressività grafica e letteraria e idee molto chiare sul tipo di contenuti e sulla satira politica che vogliono portare avanti.
Per autodefinizione si sentono figli del Maggio francese e la loro satira è decisamente ispirata a quella d’oltralpe riconoscendo nei vari Wolinski e Siné i propri leader, avvicinandosi come appartenenza filosofica a Hara-Hiri, Charlie-Hehdo e L'Enragé. Come impaginazione al Cannibale di cui condividono molti aspetti.

Contrariamente a ciò che avrebbe fatto successivamente il Male, la satira della rivista, che dopo i primi inizi con periodicità fluidificante ha assunto quella mensile, modificando più volte il formato, non punta sull’evento quotidiano, ma sul costume e i vizi che la società incorpora. Il suo discorso sia nelle vignette dissacratrici che negli articoli scritti con lucida aggressività, denuncia una cultura che invece d’essere di massa diventa d’élite come i redattori stessi riconoscono.
Per un certo periodo di tempo il periodico ha sospeso le pubblicazioni. Alla base di tutto ci sono questioni economiche. Tutti i collaboratori si autotassano, non ci sono finanziamenti né occulti né dichiarati e le difficoltà impongono loro un periodo di ripensamento e riorganizzazione.
Diventata trimestrale e diretta da Franco Manescalchi, la rivista ha ripreso il suo discorso interrotto ma non modificato. Uno tra i vari pregi di questa pubblicazione è quello di avere sempre avuto una linea satirica ben delineata e di avere sempre perseguito un preciso obiettivo, non lasciandosi mai incantare dalle sirene del consumismo, ma optando sempre per il trionfo dell’idea piuttosto che sul trionfo dell’economia. La casa editrice, è diventata una cooperativa, l’Editrice Centro di Documentazione Pistoia, ma il problema principale rimane sempre quello dei costi gestionali, al vivo, e la necessità di avere una distribuzione più capillare, tentando di arrivare anche in edicola e ritornare alla periodicità mensile.
Tra i collaboratori della rivista, che hanno avuto poi rinomanza nazionale, c’è primo fra tutti Alfredo Chiappori, che è passato poi a Linus e Panorama, Maurizio Bovarini, dal tratto truculento, che realizzerà più tardi diversi libri per le edizioni Morgan tra cui Eia, Eia, Trallallà, un’agghiacciante realistica revisione del fascismo in Italia, e Sergio Barletta passato poi sulle pagine di Eureka col suo personaggio Mr. Manager dove, da competente economista, mette in risalto le storture del capitalismo.
Ca Balà è stata la prima rivista a occuparsi dei « diversi » quando la cosa non era affatto di moda. Da un certo punto in avanti il marchio del periodico è divenuto un uomo che con notevoli abilità contorsionistiche si rimira il retto. Ma non era una sola espressione di grafismo, anche i contenuti davano ai «diversi» il diritto al loro spazio nonché quello di comportarsi come meglio credevano.
In un numero speciale della rivista « 1968-1978 dieci anni di invecchiamento » che fa una panoramica tra vignette, fotomontaggi e articoli, di quanto accaduto in dieci anni, c'è inserita una fotostatica che spiega chiaramente l’idea dei redattori:

«Ca Balà vuol dare voce alla rabbia, all’utopia, all’immaginazione feroce. A una letteratura satirica, antididascalica, scatologica, politica, si può concedere fiducia, basta che non consoli, che non risolva tutto col cinismo della ragione, che non sia solo ammiccamento intelligente fra élites illuminate!»."

Recensione di Luciano Secchi da Panorama del 22.10.79, "presa in prestito" dal sito di Paolo Della Bella.