Pop festival di Ballabio

IL PRIMO GIORNO DELLA NOSTRA ERA

articolo di Carlo Silvestro, tratto da Ciao 2001 n. 42 del 20 ottobre 1971; foto inedite, relative al primo giorno del festival, di Ruggero Pini, che ringrazio per la gentile concessione all'uso in questa pagina ....foto che qualcuno poco gentilmente senza avvertirci e senza segnalare autore e provenienza ha già provveduto a pubblicare altrove ...

Ballabio, 25-26 settembre.

"Quello che dovrebbe essere, quello che io sogno nei miei sogni più belli e un grande prato esteso all'orizzonte da niente altro delimitato che dai corpi di una gioventù che balla libera e felice attorno ad altri ragazzi, che si chiamino Robert Plant e John Hiseman o Lucio Battisti, che suonano tra ragazzi ricchi solo della comunicazione che viene dal far musica insieme a migliaia di altri fratelli. Questo è quello che io sogno, e in questo sogno non entrano biglietti, né recinti, né polizia, ma solo armonia, gioia di vivere e scintille per un mondo migliore, un mondo ancora da scoprire e inventare... ".

Solo un mese fa scrivevo queste parole, e non mi sarei stancato mai di ripeterlo e per quanto tempo pensavo, per quanto tempo ancora avrei dovuto solo sognarle, senza sapere che oggil'avrei vissuto e che tutto sarebbe stato una realtà resa possibile perché non ero il solo e siamo tanti a volere che la musica, la nostra musica ci appartenga come un diritto sacrosanto, perché la musica è cultura e la cultura deve essere libera e non ci sarà censura, nè recinto, né polizia che potrà impedire tutto questo, cioè quello che è successo a Ballabio, come dire diecimila ragazzi sdraiati su un'erba senza muri, né recinti, né biglietti, ma come dire la nostra felicità di quei due giorni anche se sul piano musicale e spettacolare certo grossi nomi non c'erano perché come ho già detto l'altra volta i grossi nomi sono nel iro dei grossi soldi e non si sognano nemmeno di venire a suonare gratis, ma pure c'erano dei buoni e santi e sconosciuti gruppi, ma così conosciuti In quella prima lunga notte pazza, conosciuti da sempre poiché facevano musica per noi, per la gioia di essere tutti insieme e non c'era nessuna separazione tra il prato di ragazzi e il palco dei musicisti, nessuna barriera che ci dividesse ma solo buone vibrazioni e tanta partecipazione così che eravamo tutti musicisti alla fin fine, come dovrebbe essere, perfino io che ero andato scioccamente li per fare il presentatore mi sono accorto che era impossibile presentare la gioia di essere finalmente liberi tra noi, gioiosi solo dei ritmo delle nostre mani e i ragazzi erano così belli e così dentro l'atmosfera che non avevano nessun bisogno di parole tra una canzone e l'altra, tra un gruppo e l'altro, solo erano le urla di approvazione o di disapprovazione (e accadeva molto raramente, solo per esempio quando qualche gruppo la metteva su dura per un po' di celebrità ramazzata con dischi e TiVù e tentava di imitare stancamente i grandi assenti e c'è stato perfino un tentativo di "Immigrant Song" degli Zeppelin, e anche di "With a little help from my friend", che non parlo dei Beatles o di Joe Coker, ma dopo la soluzione favolosa dei Colosseurn nessuno più si può permettere di fare ...) molto, ma molto meglio fare le nostre casalinghe cose e non dico Morandi o tutta quella pappa lì, ma dico proprio il pop italiano, che anche se in ritardo comincia ad esistere e prendere forza, parlo ad esempio della Premiata Forneria Marconi, parlo dei Delirium, degli Osanna, e perfino dei Clan Free, che non ha inciso ancora niente ma tra poco sentirete che tuba, tra poco sentirete se questi gruppi non favoleggeranno in pazzi concerti dove non saranno più lì a far da contorno a qualche inglese mostro sacro, ma saranno il primo autentico piatto forte, saranno quelli che scandiranno il nostro tempo, così che dopo la «Liverpool era» e dopo il «Detroit sound» e dopo la «West Coast» avremo il «pop dei Naviglio» oppure «La scuola Napoletana» e perfino «Lo stile e e isole», perché anche questa è una parola che va detta, è tempo di finirla per sempre con le imitazioni dei nostri fratelli d'oltre Manica o d'oltreoceano, ormai abbiamo raggiunto la maturità e abbiamo le nostre sante cose da dire e noi giovani dobbiamo dar fiducia a questi gruppi che oggi stanno tentando di dirle nella nostra lingua, nella lingua che tutti possiamo com. prendere; (così che ci sarà poco da bluffare, perché il senso di qualcuno che ha cose da dire o non le ha sarà chiaro a tutti, mentre i nostri amici inglesi ce ne hanno tirati pochi di bidoni con questa storia della lingua in cui era sufficiente dire « oh yeahh » per tirare giù l'entusiasmo ... ). E in alto molto In alto andranno i poeti, nel prossimo futuro, forse li chiameranno la «Riva Brera» parlo dei genere «cool» molto soffice e interiorizzato cheha il suo probabile capostipite In Claudio Rocchi, appena vent'anni e due long playíng più uno in preparazione più il suo «Spazio Rocchi» a «per voi Giovani»... (per voi amanti della West Coast, ora sapete che è lui che ne ha fatto aumentare le vendite in Italia ... ) e per finire una presenza a Ballabio pressappoco tra mezzanotte e l'una dei sabato, peccato che non ci fossero orologi, che tanto nessuno avrebbe guardato, che tanto il tempo si era fermato e fu proprio nel momento in cui Claudio attaccò a cantare «La tua prima luna» ... Erano in cento o in mille a riconoscersi in queste parole ...

«Questa è la tua prima luna / che vedi fuori di casa / sapendo di non ritornare / ... ». Erano in cento o in mille a ricordarsi di quel giorno ... «Oggi sei uscito / e ti sei domandato / ma dove sto andando / e che cosa farò». Erano in cento o in mille a navigare in quasta sensazione ... «Sei finito in un prato / mangiando una mela / comprata passando dal centro / dove i tuoi amici / parlavano ancora di donne e di moto / e tu ti fumavi la gioia / di essere riuscito / a fuggire di casa / sapendo di non ritornare ... ». Certo erano mille ed erano tutti i diecimila quando Claudio cantava... «Mi guardo intorno e sento / tocco con le dita / la distruzione di tutto / del senso della vita / si grida amore / e si crede che possa bastare / far dell'amore una fede / senza sapere amare / vorrei che tutti pensaste / vi chiedo per favore / se tutto quel che fate / lo fate per amore ... ».

Finchè la nostra notte non fu passata, la nostra prima notte piena di Musica e Poesia e Libertà, poterlo dire finalmente senza vergogna noi abbiamo ritrovato queste parole, queste stesse che anni di brutte canzonette avevano sciupato e degradato, ma noiu le abbiamo dissotterrate e sono nostre e autentiche ora. Mai si dormì quella notte perché ci fu musica senza interruzione e quando quelli del palco si riposavano eravamo noi a farla, eravamo noi a cantare felici di questo scambio e l'alba sorgeva immobile ritmata da mille batterle e bonghi e tamburelli e ancora ci fu musica al mattino e nessuno voleva mollare il suo spazio d'erba, se non il tempo di farci un panino che costava solo cento lire grazie alla perfetta organizzazione a cui mai ci stancheremo di dire grazie ed eran ragazzi come noi finalmente, niente sordidi speculatori che arrabattano perfino sul panino o sulla bibita, mentre lì tutto costava cento lire, con la nostra «pilotta» ci potevi comprare proprio tutto, la birra o il latte o tre pere o un bellissimo graspo d'uva da mezzo chilo... Meglio, molto meglio che essere in un repressivo spazio architettonico tipo cinema & teatro a guardarsi desolatamente separati da sedie-poltrone che sembrano tante cellette con in più le separazioni tra paganti di prima classe in platea, paganti di seconda classe in galleria e paganti di terza in piccionaia... Meglio, molto meglio anche se non ho di grossi personaggi da parlarvi ma solo di ragazzi come noi, e non è dolce bambino, si era lì per essere felici insieme, e tanto basta, perciò... Let's work together... lasciateci lavorare insieme, anzi cominciate anche voi che a Ballabio, sulle rive dei Lago di Como non siete venuti, non siete saliti con noi sul sentiero che tra i monti conduceva alla nostra vallata, la valle della nostra musica, la piccola Woodstock italiana, il timido inizio di un'epoca e di una generazione che apparterranno a tutti voi, se voi lo vorrete...

L'INFELICE RITORNO

Ma questo piccolo paradiso di gioia e di musica deve aver ben spaventato I benpensanti, deve aver ben impressionato la polizia che pure non ha osato mostrarsi nel nostro felice regno per paura di essere contagiata della nostra bellezza... (eh sì tremate gente, perché molto presto vi inonderemo della nostra bellezza) ma ci ha atteso come si suoi dire al varco, ed era la strada che riportava in pianura, costellato di posti di blocco che fermavano tutte le macchine cariche di capelloni (Oh la teppaglia, oh i drogati ... avete fatto le orge nevvero ... ). Così la giornata si è conclusa per me con sei ore di commissariato, erano cento o mille nelle mie stesse condizioni? erano cento o mille a cantare davanti alle isteriche divise «All we are saying is give peace a chance...» tutto quello che stiamo dicendo è dare una possibilità alla pace... E la pace fu fatta, uno alla volta fummo tutti rilasciati e tornammo alle nostre case, alle nostre praterie ancora una volta come dicevamo bambini, stanchi ma felici.

Carlo Silvestro