zerbo pizzocaro

Zerbo 16 giugno 18 giugno 1972

HIPPIELAND, COME UNA NUOVA TERRA

(di Romano Belletti tratto da Ciao 2001 n. 28 del 16 luglio 1972. Tutte le foto sono eseguite da Giorgio Pizzocaro a cui vanno i miei sentiti ringraziamenti. Per l'eventuale utilizzo delle foto è necessario chiedere preventivamente l'autorizzazione all'autore)

Avevamo saputo del secondo Free festival italiano dalle pagine della stampa dove la notizia era rimbalzata di bocca in bocca e ne avevamo risentito parlare in giro per le piazze delle grandi città da giovani-nomadi-cantastorie-autostoppisti che mai e poi mai sarebbero mancati all'appuntamento se non altro per poter dire poi "anch'io c'ero". E così per due giorni le autostrade italiane hanno visto moltiplicarsi i pollici alzati che da nord e da sud calavano nella pianura padana puntando su Zerbo. Ad accoglierci un prato, un fiume, una spiaggia, una città di tende e un mare di sacchi a pelo: tre chilometri di suoni, colori, corpi, sorrisi, vibrazioni e una miriade di fuochi per tenerci su in quindicimila, per poter ancora una volta (almeno per tre giorni) lasciarci alle spalle la noia, divieti e tutti quei tristi ritornelli cittadini che ci accompagnano ogni giorno.

E così tutto fu pronto per il primo colossale freak-out collettivo che sarebbe durato poi due giorni e due notti, musica, cibo, sole e vibraziomni a buon mercato per migliaia di ragazzi accorsi armati di zaini e sacchi a pelo, stracci colorati, drappi e bandiere: un'immensa performance che si snodava attorno ai bivacchi tra falò di legno e jam-session spontanee di flauti, chitarre e tamburelli che diffondevano l'eco fantastica nel campo appena rischiarato da migliaia di fiammelle tremolanti e la musica era ovunque (anche dentro di noi).

zerbo pizzocaro

Poi quasi d'incanto ci ritrovammo tutti quanti abitanti di un paese mai visto né conosciuto prima di allora (se non in lontani recessi indiani o in qualche angolo di paradiso sperduto nel Mediterraneo) ma che forse già esisteva nella mente di tutti i presenti, giovani e non più giovani, uomini e donne, qualcosa come quindicimila tra freaks, baby-freaks (i bambini dell'underground), turisti, venditori, nudisti, fotografi, filmakers, libertari, curiosi, dilher e suonatori di questa Hippieland fantastica. Chi c'era ? Naturalmente tutta la scena di Brera, le freaks del Cammino Mistico col terzo occhio disegnato sulla fronte. Ovunque potevi trovare venditori di un improvvisato quanto economico e colorito mercato di cose alimentari, thè, incensi, collane, vestiti, patchouli, kohol, polveri colorate, henné e giornali underground più due grossi spacci per il rifornimento ventiquattrore su ventiquattrore di bibite, panini, frutta e yogurt, inoltre un servizio medico e un'infermeria da campo che si è rivelata peraltro utilissima.

In quanto alla musica che fu fatta e udita ininterrottamente quei giorni dirò poi che il piccolo palco battuto dal vento in tutte le direzioni ha visto succedersi in quasi trenta ore l'esibizione di gruppi rock, folk e più precisamente country: Giovanna Marini, un'arrabbiata da sempre, e le sue folk-song di protesta, un buon rock spronacervelli dei Garybaldi e l'incredibile concerto degli opium, un group franco-tedesco di hard rock con un cantante che sulla scenaha ben poco da invidiare a Hurriah heep e affini, in più La fine del viaggio, Via Brera, Stormy six e i ragazzi del Pacco, infine una memorabile jam-session di tre ragazzi e una ragazza (una dolce fanciulla che risponde al nome di Donatella Bardi) intorno a canzoni di Joni Mitchel, Neil Young e Claudio Rocchi, che per quasi un'ora ci hanno dato un dolce sound e questa volta niente di elettrico, ma flauto, chitarra acustica, tablas e mandolino per la gioia delle vostre orecchie ronzanti di watts, sul felice esempio dell'Incredible String tanto per intenderci, e al termine del set le tre canzoni d'obbligoerano sembrate a tutti così troppo poco in confronto alla loro bravurache fummo tutti noi in piedi a richiamarli di nuovo fuori a gran voce con la certezza ormai acquisita di non esere i soli a volerli navigare per sempre nelle acque del pop italiano.

Certo molti di voi avranno avuto la ventura di essere stati ai vari e più o meno riusciti festival che da un po' di tempo stanno proliferando nella nostra penisola, quello di Palermo come il più recente di Villa Pamphili, ma quest'ultimo di Zerbo è stato per molti versi differente ancora, è stato un vero free festival come nessuno si sarebbe mi sognato potesse accadere anche da noi dove le vecchie consuetudini vogliono che un programma stabilisca prima di tutto quel che poi dovrà succedere, invece qui le regole del gioco sono state rovesciate, il programma ha lasciato posto all'happening l'organizzazione all'improvvisazione, la parola al gesto, la realtà alla fantasia. E questo non solo percjé la polizia è stata tenuta fuori dal festival, dando così una chiara dimostrazione di come un buon servizio d'ordine sia più che efficiente, non solo perché l'ingresso era gratis o quasi e cioè ad offerta libera, ma perché non c'erano biglietti, né recinti che sanno tanto di campo di concentramento psichedelico, né avidi promoters che sempre più vorrebbero trasformare le nostre buone vibrazioni sottoforma di denaro sonante, e questo solo perché gli organizzatori erano giovani come noi, preoccupati soltantodi far fare un buon viaggio a tutti, e finalmente anche perché una volta tanto non v'è stata alcuna separazione tra i ragazzi e musicisti secondo una vecchia tecnica che vuole un pugno di star pagate per fare della scena davanti a un pubblico fanatico e urlanteche si identifichi in loro e in loro si annulli. Invece qui i protagonisti non erano solo i complessi (e questo non solo perché mancavano le star) ma tutti i ragazzi che gettavano al vento vestiti e vecchi tabù e i paesani che accorrevano a prendere visione della nuova realtà... a loro prima sconosciuta, ma che però non li ha visti minimamente scandalizzati, una bella riprova di come il naturismo niente possa turbare a gente semplice che non conosce malizia.

zerbo pizzocaro

E così ci trovammo poi a decollare l'ultimo giorno sulle ali di una calda voce di ragazza accarezzata da un flauto, una chitarra e un mandolino, per poi planare dolcemente al tramonto, quando nessuno aveva ancora capito che anche la musica si sarebbe protratta fino alle tre del mattino ormai tutto era finito ... così sinché anche quando l'ultima chitarra tacque e l'ultimo joint non sfavillò nell'oscurità, sinché tutti non ci addormentammo cullati dal suono dei bongos, tra azzurri fumi d'incensi, baci e nuvole di Hash, stanchi ma soddisfatti della convinzione che tutto a Zerbo fu fatto per consacrarlo definitivamente nella storia dei nostri festival, una storia che ancora non è stata scritta ma che certamente lo sarà ben presto, visto che un'altra fiaccola è passata in mano a una nuova generazione.

Romano Belletti

zerbo pizzocaro

alcune foto sono tratte dal sito www.fotoarts.com