Il pane e le rose

Ne uscirono 12 numeri tra il 1973 e il 1976, come supplemento ai Quaderni Piacentini.

Il titolo è ripreso da una frase di Marx: "Il comunismo è pane e rose, il necessario e il superfluo, una società dove si mangia meglio e di più (non solo pane), dove si lavora meglio e di meno, ma anche una società dove si è più felici, realizzati, liberi".

Un articolo riguardante la stampa libera e la rivista Il Pane e le rose, tratto dal numero 2 di Muzak (seconda serie), potete leggerlo qui...

Articolo estratto da
IL PANE- E LE ROSE
N. 4 - Anno 1 - Giugno 1973 - L. 150
Supplemento a: Quaderni Piacentini n. 48-49
Responsabile: Piergiorgio Bellocchio
Redazione: presso CR Via-Torino 77 - MI


PER SOLI GIOVANI


A Torino e a Modena c'è Vedo Rosso a Pavia c'è SSSHS, a Firenze c'è UUHUU, ecc ... Sono giornali fatti più o meno bene hanno forse dei difetti di studentismo o giovanilismo troppo marcati però vanno tutti nella direzione giusta.
Diamo invece un'occhiata alla «concorrenza» borghese, a quei giornali che si definiscono d'avanguardia, e per giovani.
Ciao 2001 o Qui Giovani, per esempio, lasciando perdere altri esompi di sottocultura inqualificabili (= l'intrepido!).
Bisogna parlarne presto, o per due motivi: uno é che ogni settimana ne vengono stampati diffusi e venduti quasi centomila copie il che significa che fanno presa e che gli avidi lettori si ritrovano ma forse per mancanza di altro, nelle sparacannate di PSDI (Ciao 2001) o PSI (Qui, giovani) che gli astuti redattori gli presentano. Due, e questo è il motivo fondamentale, è che questi giornali sono uno strumento della borghesia per la borghesia: a parte il, fatto che sono un buon investimento dal punto di vista imprenditoriale, la truffa maggiore è che contribuiscono a lasciare tale e quale la condizione di prigionieri in un ghetto dei giovani (non i borghesi, quelli hanno la "società futura che gli appartiene") magari dorando le sbarre e lanciando anatemi contro chi fa mancare le sovrastrutture, che poi son sempre loro.
Pigliamo Ciao 2001 che è il più losco dei due giornali citati, e Ciao 2001 sembrerebbe fare in sostanza un discorso musicale, anche questo parziale è mistificatorio nella misura in cui tralascia di chiarire il significato, «storico» di certi avvenimenti musicali e fa della musica una proprietà privata, da custodire gelosamente nella propria i cameretta o, da comperare per 1500 al pezzo al Vigorelli.
Molti articolí si aprono e si chiudono con un discorso tutto tecnico da specializzati del mellotron, altri sono semplicomente informativi o cronachistici.
Il giornale è ovviamente legato al mercato discografico italiano, il che vuol dire tanta pubblicità e l'impegno, di persuasione occulta (a comperare assolutamente, non i prodotti migliori, ma a rigor di logica, i più vendibili) Ma la parte musicale in sé non mi importa molto.
Il fatto è che tra le righe delle letterine al direttore sulle colonne di «orientamenti, professionali» e così via, filtra goccia a goccia la più squallida ideologia giovanilistica borghesè; quella che dice «voi giovani (ma qualí giovani? è già comodo definirli semplicemente in base. all'età!) siete dei privilegiati, pieni di speranze e privi di responsabilità: proporre e disporre è compito nostro, Voi pensate a crescere forti e sani (fate dello sport) e a divertirvi (con moderazione) ma, soprattutto pensate a studiare e a prepararvi una professione.»
Ecco la truffa di cui parlavo: da una parte lo specchietto per le allodole, l'immagine, di una gioventù bella e "pazza", con tanto spazio e possìbilità dì integrarsi nella società; dall'altra le bastonate sode e concrete con cui ti emarginano, ti selezionano, ti reprimono ti svuotano, ti recludono, ti ammazzano.
O meglio, emarginano, reprimono etc. la gran massa dei giovani proletari lavoratori o degli studenti che soffrono sempre maggiori contraddizioni, che si ríbellano o lottano mentre si possono contare sulla punta delle dita ì pochi effettivi privilegiati che non hanno da fare i conti neppure con i genitori o con le millecinquecento lire della settimana.
Un esempio di come il direttore di Ciao 2001 ci vorrebbe vedere: (secondo me questa lettera, se l'è scritta lui).
«Caro Saverio, sono Stefania. di Genova e ho 18 anni; mi piacciono i New Trolls, De Andrè, Battisti. Lavoro e, nel tempo libero, leggo un po' di tutto, Linus, Topolino, romanzi e poesie;, adesso però ho un nuovo amico, il Ciao 2001. e sono contenta,di averlo conosciuto.
Non ho niente di eccezionale da dirti; sono una ragazza normale, non mi drogo, mia, madre mi capisce, cerco di interessarmi dì tutto quello che si devo sapere oggi, compresa la politica. Scrivo poesie, ma non le faccio leggere a nessuno. Ecco, una ragazza semplice con la sua chitarra, montagne dì libri, pennelli e posters migliaia di illusioni e il mio mondo pazzo! C'è chi pensa che io sia un po' pazza, ma se questa è pazzia, viva questo mondo di pazzi!"
E viva anche questo piccolo direttore poeta, che esulta di entusiasmo di fronte a lettere così piene di vitalità e di ottimismo.
Che poi, invece ci sono anche dei problemi. Quali? Ecco i titoli delle lettere che ho sottomano: «l'uomo è cinico e pensa solo agli affari», «un ragazzo per ballare il sabato e la domenica», «ho15 anni e le idee confuse», e - infine «un parere dei lettori sulla violenza», a cui il direttore, serenamente risponde: «credo che nessuno possa dire, ammmettere, confessare: io sono per la violenza». «Pop simpatico a Vietri sul mare».
Per Qui giovani il discorso è ún po' diverso e più complesso. Innanzitutto bisogna dire che da alcuni, mesi la redazione del giornale è cambiata e questo ha significato la preoccupazione di elevare l'età media dei lettori dai 14 ai 17/18 anni, e soprattutto una «svolta a sinistra» rispetto alla precedente impostazione.
Adesso il giornale vuol fare i conti con la realtà sociale, la contestazione, i nuovi modelli di comportamento che i giovani hanno fatto propri, la controcuItura etc. Gli strumenti che usa sono le inchieste, (ultimamente ne ha fatta una molto grossa sulla condizione giovanile), il confronto con le opinioni, le testimonianze dirette, le rubriche fisse (Femminismo, la voce dell'underground): ma questo non basta per poterlo definire un giornale di sinistra, men che meno per credere che abbia preso la strada della rivoluzione. E' indubbiamente un passo avanti rispetto all'esempio di sottocultura che rappresentava fino a pochi mesi fa; ma, dal momento che le indicazioni che dà si limitano al lottare per una scuola più democratica, per il voto a 18 anni, per i concerti a 1000 anzichè 1500 lire, e cioè il giornale si muove in una logica e in una prospettiva tutta riformistica di conquiste graduali, non può essere altro che uno strumento molto pericoloso nelle mani della borghesia illuminata per confondere, e recuperare una grossa fetta di giovani riducendo la sua carica eversiva ad un ruolo di opposizione democratica; il che non è una grossa modificazione rispetto all'ordine' attuale delle cose, se alla fine chi decide per loro restano i successori di Scalfaro, i presidi, i datori di lavoro anche se un po' meno mafiosi, i genitori, gli zii e i direttori borghesi dei « loro » giornali.


(articolo non firmato come tutti quelli nella rivista in questione)