"Fanzirama 2000"

Percorsi sotterranei dell'editoria indipendente dal ciclostile al desk-top publishing

(di Vittore Baroni, da "Rumore " 7/8 1993 )

Definizioni

La biografia di Charles Lutwidge Dodgson meglio noto con lo pseudonimo di Lewis CarrolI e come creatore del celebre Alice nel Paese delle Meraviglie, ci informa che fin da fanciullo lo scrittore era solito produrre rivistine in copia unica completamente scritte e illustrate a mano per il divertimento di fratelli e sorelle minori. Sono forse curiosità letterarie come The Rectory Umbrella o The Rectory Magazine del giovane Carroll i più lontani progenitori delle attuali pubblicazioni sotterranee? Difficile stabilirlo dato che la pratica di una stampa partigiana marginale e clandestina circolante fuori dal binari della cultura ufficiale o fortemente critica nel confronti dei potere dominante si è sviluppata coli tutta probabilità fili dal tempi di Gutemberg. Il termine fanzine contrazione difans magazine ovvero rivista di/ per appassionati è entrato nell'uso corrente soltanto nella seconda metà degli anni '70 per designare un a forma spontanea e iconoclasta di giornalismo musicale fai-da-te sbocciato sulll'ondadel successo travolgente delle prime formazioni punk (Sex Pistols, Clash, Damned etc.) e al pari di queste irrispettoso nel linguaggio e nei contenuti privo di qualsiasi inibizione. Oggi viene spesso chiamata fanzine una qualsiasi pubblicazione autoprodotta nata senza una motivazione di ordine prettamente commerciale solitamente dalla periodicità irregolare e dalla vita e circolazione estremamente ridotta anche se per correttezza filologica la definizione non andrebbe applicata indistintamente a tutta la smalIpress periodica bensì limitata a quelle riviste amatoriali concepite per categorie specifiche di fans (quali gli ascoltatori di un preciso genere musicale, I cultori del fumetto, della fantascienza, dei fifili horror ecc ). Il neologismo è stato universalmente adottato probabilmente anche per meglio rimarcare la netta dífferenza di visione e contenuti almeno nel primi tempi fra l'ondata di pubblicazioni post-'76 e l'ormai agonizzante underground press internazionale sviluppatasi nel decennio precedente.

Prima delle fanzine

The Village Voice, un settimanale con aperture liberali prodotto nel Greenwich Village di New York ha ospitato fin dal suo apparire verso la metà degli anni '50 le molteplici voci di dissenso dell'avanguardia artistica della Nuova Sinistra e della cultura beatnik americana. Non meraviglia quindi che sia stato proprio un redattore del Voice, John Wilcock, curatore della seguitissima rubrica "The Village Square" a mettersi alla testa dopo aver lasciato Il settimanale di alcuni dei più combattivi progetti editoriali del cosiddetto "underground" Al la Los Angeles Free Press, fondata nel 1964 spetta comunque Il titolo di capostipite di un numero sterminato di pubblicazioni indipendenti che nel volgere di pochi anni dettero vita ad un vero e proprio "Quinto Potere" alternativo della carta stampata coli una fitta rete di piccole imprese comunitarie di controinformazione che abbracciava ogni angolo del mondo Occidentale (collegate in libere associazioni quali l'Underground Press Syndicate e il Liberation News Service), e che al fianco di istanze politiche radicali più convenzionali diffondevano le rivoluzionarie concezioni di vita della cultura hippie, sovvertendo consapevolmente allo stesso tempo tutte le buone norme della stampa tradizionale. Ortografia, linguaggio, impaginazione, formati, metodi di stampa e colorazione venivano stravolti da concezioni fantasiose di gusto psichedelico al punto da rendere perfino difficoltosa in alcuni casi la lettura per l'avventurosa sovrapposizione di immagini e testo o l'uso di atipici colori pastello. L'establishment ha spesso reagito violentemente con perquisizioni censure e condanne alla diffusione di questa small press priva di briglie venduta per pochi centesimi agli angoli delle strade da militanti lungocrinuti. Le più note testate statunitensi si chiamano OtherScenes, San Francisco Oracle, Berkeley Barb, Old Mole Open City, c è poi l'olandese Provo dell'omonimo gruppo, l'inglese It e Oz più volte sequestrata per oscenità e creata da Richard Neville fra Sydney e Londra, mentre in Italia all'esperimento isolato di Pianeta Fresco, curato da Ettore Sottsass e Fernanda Pivano, sono seguiti dopo qualche anno i libretti di controinformazione di Stampa Alternativa e i vari Fallo!, Re Nudo, Puzz, Tampax, ecc. Stampate a volte con primitivi ciclostile o in eliografia con interventi manuali su carta da pacchi o altri materiali poveri ma anche in offset tipografico a più colori e con tirature che hanno superato in alcuni casi le 50.000 copie le riviste underground dei '60 costituiscono un patrimonio letterario immenso continuamente ripreso riciclato e rimaneggiato (grazie anche alla pratica dell abolizione del copyright) nei decenni successivi sia in ragione dei personaggi carismatici frequentemente coinvolti (i vari Leary, Ginsberg, Burroughs, Snyder, Kupferberg, -ecc.) che per la ricchezza ed eterogeneità degli argomenti trattati (liberazione dai tabù sessuali, cultura della droga, viaggi alternativi a poco prezzo, protesta anti-Vietnam, politica radicale e utopia, misticismo e religioni orientali, musica e arte pop). Dopo le brevi illusioni rivoluzionarie del '68 e le trasfusioni sulle pagine sotterranee soprattutto in Europa di idee Situazioniste il fenomeno si smorza gradualmente nella prima metà dei '70 seguendo lo sfaldarsi del Movimento politico-giovanile internazionale. Oggi piccole case editrici specializzate hanno perfino iniziato a produrre per storici e nostalgici costose ristampe anastatiche dei fogli underground più rappresentativi.

Londra in fiamme

La prima la più influente e anche la più venduta delle fanzine è stata Sniffin' Glue, scritta impaginata stampata e distribuita artigianalmente a partire dall'estate del 1976 (grazie anche all aiuto di Rough Trade e di altre strutture indipendenti) da un giovane disoccupato londinese, Mark Perry. A differenza della conformista stampa musicale ufficiale dalle pagine della sua rivista Perry incensava o maltrattava senza peli sulla lingua i gruppi punk del momento che aveva modo di seguire e studiare da vicino promuovendo fra grezzi collage e montaggi neo-dadaisti efficaci slogan del tipo eccovi tre accordi ora formate un gruppo musicale o incitando i lettori a fondare le loro (appello che in molti non si fecero ripetere due volte). Nel punk ogni scioccante rivolta nello stile si è bruciata e consumata con enorme ,rapidità dopo poco più di un anno Perry fondava egli stesso un gruppo rock gli Alternative TV il cui singolo di esordio è allegato all ultimo numero di Sniffín'Glue. Già verso la fine del 1977 la crescita esponenziale del numero di fanzine punk solo in pochi casi mordaci e innovative come il modello originale (Jolt These Things, Hangin'Around, Ripped & Torn), aveva prodotto una situazione di saturazione e omologazione del fenomeno molto simile a quella che simultaneamente interessava i gruppi musicali assorbiti dalle grandi casediscografiche (saranno difatti i responsabili delle fanzine della prima ora a scrivere e vendere all'establishment i primi instant books da cassetta sulla scena punk). Allo stesso tempo però l'editoria marginale ha continuato a proliferare e frammentarsi in direzioni differenti espandendosi dall'Inghilterra ad ogni altra nazione civilizzata con titoli di indirizzo specificamente new wave, mod, ska, dedicati al circuito delle autoproduzioni su cassetta (Cassette Gazette, Fast Forward, Stick it in your ear) o a quello delle etichette musicali indipendenti (OP, Sound Choice), ultrapoliticizzate (come Temporary Hoarding, stampata dall'associazione "Rock against Racism" o Toxic Grafity, prodotta direttamente dal collettivo dei Crass) o con sguardi insoliti sul mondo della moda giovanile (i-D oggi rivista ufficiale a tutti gli effetti) dell'arte (le tedesche The 80's e Shvantz!, riviste di mail art come Vile e ND), e via dicendo. Siamo però ormai ben addentro agli anni '80 e in epoca di diffuso riflusso ideologico la stampa amatoriale ha perso molte delle sue caratteristiche militanti spesso non si distingue più nettamente nei contenuti dalla stampa overground, dalla ricerca o dalla negazione di valori esistenziali ha virato decisamente verso il gioco e l'effimero ed ha anche spesso abbandonato la consuetudine del prezzo politico. Le fanzine più interessanti dell'ultimo decennio sono caratterizzate infatti da una stampa di tipo più professionale con soluzioni editoriali ricche e raffinate al posto delle fotocopie in bianco e nero spillate a mano e con cassette LP o CD allegati in luogo dei tipici flexidisc "pieghevoli" (ZG, Touch, Abstract, RRReport, Total). Solo in rari casi significativo quello della californiana Re/Search (sorta dalle ceneri dell'influente punkzine Search & Destroy, più o meno velatamente imitata da altri ottimi progetti quali Vague, Version 90, Vagabond, Sensoriafrom Censorium, alla cura della veste tipografica si sono abbinati contenuti trasgressivi e ideologici di segno forte (nella fattispecie le morbose e inquietanti tematiche della cosiddetta cultura industriale).

Quello che propongono da qualche tempo testate rappresentative come la londinese
Encyclopaedia Psychedelica o la veterana Whole Earth Review (in circolazione da almeno vent'anni) è infine un integrazione e sintesi delle tematiche controculturali comunitarie dei '60 e del fai-da-te individualista e anarchico di epoba punk: una congiunzione degli opposti e il superamento dei medesimi in chiave cibernetica e in ottica di networking, (ovvero di contatto diretto senza mediazioni per sfuggire alla logica delle comunicazioni a senso unico dei Mass Media).

Dopo le fanzine

L'avvento del word processor e di sofisticati programmi di grafica e impaginazione ormai alla portata di tutti ovvero l'inizio dell era del desktop publishing, con la possibilità di realizzare in casa sul proprio computer e stampante tutti quei passaggi necessari alla produzione di una rivista che un tempo richiedevano l'intervento di diverse maestranze specializzate (fotocomposizione dei testi impaginazione pellicole prove di stampa ecc.) ha ovviamente prodotto una piccola grande rivoluzione anche nel mondo dell'editoria indipendente. Oggi chiunque senta la necessità di dire la sua su un determinato argomento può inventarsi all'impronta una rivista a propria immagine con tutti i crismi di una pseudoufficialità. Nelle nazioni dove i Personal Computer sono diffusi da maggior tempo ad esempio USA e Canada si sta moltiplicando a dismisura il numero di newsheets, bollettini e riviste elettroniche su BBS prodotte perlopiù da una singola persona spesso consistenti (al fine di ridurre ì costi e massimizzare la diffusione) in opuscoli di pochissime pagine spediti su abbonamento scambiati per corrispondenza o consultabili per via elettronica spulciando i menù telematici o le piccole inserzioni su riviste specializzate è possibile trovare i contatti per questo nuovo tipo di fanzine mutanti dedicate agli argomenti più disparati di interesse generale o ultra-specialistico. Non è certo un caso se il nuovo editore di uno dei più noti progetti sotterranei degli ultimi anni la fanzine statunitense Factsheet Five, ha deciso di far uscire solo sporadicamente la testata in forma cartacea data la difficoltà nel gestire la quantità sempre più elevata di dati (la rivista è infatti essenzialmente una guida alfabetica ragionata di ogni tipo di pubblicazione o materiale controculturale) trasformandola a tutti gli effetti in una rivista elettronica, aggiornata periodicamente e consultabile a distanza. Oggi ci troviamo quindi in una delicata fase di transizione in cui la small press tende da un lato a compiere appena possibile il salto dai sotterranei alle edicole dall'altro è in attesa di poter realizzare completamente la trasformazione da prodotto su carta in edizione limitata (dalla distribuzione sempre più macchinosa e frustrante) anotiziario elettronico a diffusione virtualmente illimitata raggiungibile da ogni punto del pianeta tramite un modem e un codice di accesso. Tali problematiche di segno indubbiamente forte vengono già discusse da angolazioni differenti su nuove fanzine per pirati telematici quali HackTick e 2600-The Hackers Quarterly, oppure in pubblicazioni meno dense di termini tecnici per addetti ai lavori come b0ING bOING e la patinata Mondo 2000 (battezzata "la Rolling Storie dell'era informatica" ben avviata con la sua aria di snobismo yuppie ad abbandonare i circuiti dell'underground) o ancora le italiane Ario e Decoder. Queste riviste sono contraddistinte dalla pulizia formale di una rigorosa impaginazione computerizzata funzionale agli argomenti cibernetici affrontati quanto lo erano gli strappi grafici e i testi battuti grossolanamente a macchina nel periodo punk o le arzigogolate calligrafie neo-floreali negli anni '60 E interessante notare a riprova di una invisibile continuità fra certi settori della stampa di opposizione di ieri e di oggi la soprav vivenza in versione desk-top di The Realist, rivistina prodotta fin dagli anni '60 da Paul Krassner una delle voci più pungenti della controcultura californiana. Krassner si muove abitualmente all'interno dei media tradizionali ma ha sempre avvertito anche il bisogno di esprimersi con consumatore. Se la stampa sotterranea può servire da un, lato come palestra di allenamento per nuovi autori o come fase di rodaggio per un progetto editoriale prima che questo raggiunga le edicole (vedi il caso recente della rivista americana di cinema bizzarro Film Threat), non bisogna infatti dimenticare come l'autoproduzione risponda anche a profonde necessità interiori di totale autonomia espressiva e a volontà di provocazione spesso sul filo dell'illegalità tutte libertà che difficilmente la stampa di regime può accordare ai suoi collaboratori.

Sfide e mutamenti

La flessibilità e l'imprevedibilità sono fra le caratteristiche più invoglianti della stampa marginale ma se da un lato i vantaggi del desk-top permettono a questa di darsi una veste hitech quale mai ha avuto in passato anche in progetti a tiratura ridottissima la grande editoria non rinuncia certo a sfruttare a sua volta le meraviglie delle nuove tecnologie. Grazie alle possibilità offerte dal computer applicato ai procedimenti di stampa tipografica il settimanale Time è riuscito alcuni mesi fa a spedire a ciascuno dei suoi innumerevoli abbonati una copia con il nome del lettore scritto a caratteri cubitali in copertina Un semplice scherzetto in confronto a ciò che ci aspetta in un non lontano futuro ovvero la possibilità di scegliere secondo il nostro gusto personale nel momento in cui ci abboniamo ad una testata fra una vasta gamma di combinazioni e approfondimenti (ovvero potremo decidere di ricevere ad esempio una rivista con più pagine di sport politica o musica). Newsweek ed alcuni altri periodici statunitensi hanno già iniziato a servirsi di questa possibilità di rilegatura differenziata al fine di offrire qualcosa di inedito che possa riconquistare le fasce sempre più ampie di pubblico disaffezionato alla lettura. t insomma quantomai interessante notare una bizzarra inversione di tendenza mentre comincia a delinearsi il volto dell'editoria del ventunesimo secolo: ad una small press sempre più agguerritamente professionale si contrappone una grande editoria che aspira ad offrire un servizio sempre più personalizzato, ovvero che mira a recuperare quell'interscambio diretto con il lettore fino ad ora prerogativa fondamentale della stampa sotterranea (nelle riviste elettroniche l'interattività si applica quasi indistintamente a progetti di tipo alternativo e no). E su questo terreno altamente tecnologicizzato che si giocherà la battaglia decisiva fra colossi dell'informazione e outsiders indipendenti ma siamo certi comunque che fintanto che si avvertirà l'esigenza di un informazione del tutto libera e priva di censure appassionata e disinteressata paladina di nuovi valori ci sarà sempre un altro John Wilcock un Richard Neville un Mark Perry o un Tom Vague che si ingegnerà rocambolescamente per fornircela.