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Articolo tratto dal mensile Muzak 1975
Libertà di stampa
E' noto che il dettato
costituzionale sulla libertà della stampa rimane, in Italia, una pura
astrazione. Di fatto la libertà è subordinata ai mezzi per poterla
praticamente esercitare. E ció non solo per quel che riguarda la stampa
quotidiana, ma anche per quella periodica, soprattutto se essa si
inserisce nella stampa di sinistra o, piu genericamente, di movimento.
Eppure una stampa realmente libera a garanzia di scambio culturale e
informativo continuo: ma si sa il motto dei nostri governanti è sempre
lo stesso, gli ignoranti disorganizzati si governano meglio. Nessuno,
evidentemente si aspetta nulla. Certo non si aspetta che la situazione
si sblocchi per decreto legge. E' per questo che enorme è, e va sempre
più ad essere, l'importanza delle decine di rivistine, giornaletti,
semplici fogli, che appaiono e scompaiono nel panorama della libera
stampa. Sono fogli per lo più locali, a ciclostile o serigrafia, i più
ambiziosi a stampa tipografica, fatti alla meglio, e, per lo più
trattanti i soliti argomenti: nuova cultura, oppressi, politica.
Un uso non tradizionale,
dunque, del ciclostilato, non per fare volantini, ma per tentare
realmente qualcosa di creativo e utile a tutto il movimento. Certo,
molto spesso il rinnovamento è lento. A volte si tratta di pure
scimmiottature di giornali tradizionali, con ottica solo leggermente
diversa. Molto spesso, infine, non si riesce realmente ad andare al di
la di piccoli mutamenti di contenuti, non toccando invece minimamente
la forma, cioè il modo in cui il messaggio è pòrto. E si che quello del
modo è in realtà il punto quasi focale: vale poco gridare contro il
consumismo e la massificazione, se non si è capaci di ribaltare il
rapporto creatore-fruitore, intellettuale-pubblico. Ecco che allora ci
troviamo di fronte a tre diverse situazioni. L'una, rara ma eccitante,
in cui il giornale alternativo è realmente un nuovo modo di fare
informazione. L'altro, che è funzione non da poco, una copertura con
ottica movimentistica di spazi gestiti (si sa come!) dalle forze e
dalla stampa tradizionale. Il terzo infine che è solamente il bisogno
di singoli o piccoli gruppi di comunicare, un bisogno dunque elittario,
aristocratico, da produttori di kultura. In altra parte del giornale
forniamo un elenco di quasi tutti i fogli di cui abbiamo notizia.
Rimane il fatto che sempre più ci si avvicina all'ideale di nuova
situazione creativa. E' il caso del vecchio Re Nudo (ormai non più
classificabile come rivista off o under), il Pane e le Rose, Fuori! Il
Pane e le Rose soprattutto perché pur non smarrendo mai (o quasi mai)
una coerenza politica generale, riesce ad essere sempre presente ai
grandi temi e dibattiti della nuova realtà giovanile. Il Pane e le Rose
è, in un certo senso, il prototipo della rivista di movimento, volta a
ribaltare il rapporto giornalista-lettore attraverso il metodo
dell'inchiesta e dell'intervista, strutture portanti del giornale. La
copertura di spazi con veste però più tradizionale a affidata a
centinaia di piccoli giornaletti, per lo più incapaci di rinnovarsi
realmente e dunque tesi piuttosto a « rivoluzionare » il concetto di
intervento grafico: i risultati non sono granché brillanti, dato che
questi sforzi rivoluzionari approdano, generalmente, a una grafica di
tipo tardo-movement-amerikano, faticosa e, diciamolo, decisamente
brutta. L'attenzione a questo problema sostanziale è casuale e si
assiste a prodotti « contraddittori » e slegati: nulla di peggio per
vanificare anche il messaggio. Ci fu, poi, un esempio ormai storico
della stampa autogestita: il Freak di Bertoncelli. Se lo citiamo è solo
perche moltissimi dei nostri lettori lo ricordano e molti con
nostalgia. Un giornale indubbiamente ben fatto, tutto bertoncelliano,
nel bene e nel male. E, cosi ac-canto alla mostruosa (bisogna pur
rendergliene atto) erudizione musicale, troviamo il linguaggio solito,
fra lo « sballato » e il ricercato. Ma quello di questa operazione
pensiamo sia il limite maggiore è quel senso cincinnatesco, di padre
della kritica pop offeso, una logica chiusa, un respiro un po' mozzo.
Anche se indubbiamente un fatto importantissimo e positivo in sé, nello
squallido panorama Duemilaunogiovani di quel periodo.
(tratto da Muzak n.2 seconda serie 1975)
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