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Re nudo "colpo di mano"*
Cronache della controcultura a Milano: Re Nudo Colpo di mano (Giugno 1971)
“Re
Nudo Colpo di mano” era il n. 6 di “Re Nudo” realizzato dall’“ala
situazionista” in aperta rottura con la linea editoriale seguita
fino ad allora dalla rivista underground sotto la direzione di Andrea
Valcarenghi (e, perciò, n.1 nuova serie).
<<Tra
le diverse posizioni c’è anche quella costituita dalla frazione di
sinistra interna allo stesso “Re Nudo” (…) L’ala radicale del renudismo è guidata da Gianni-Emilio Simonetti , che riesce a trascinare con sé il condirettore Guido Vivi in un golpe situazionista, facendo uscire nel giugno ’71 un numero clandestino intitolato Colpo di mano!,
con in copertina la fotografia d’una bella fallofora che tiene in
braccio la sagoma d’un enorme pene impachettato con carta e spago
[…]Più dotato degli altri redattori di capacità teoriche e dialettiche,
Simonetti ricorre all’azione di forza, ma con ironia.”
Ho
fatto leggere questo brano all’ex-redattore che avevo
già intervistato a proposito della nascita di “Bleu” ed ecco i
suoi ricordi su “Re Nudo Colpo di Mano”.
<<Prima
di tutto, merita ricordare che Andrea Valcarenghi era stato –mi sembra
nel 1966- il promotore del gruppo beat-provo milanese “Onda Verde”, che
pubblicava l’omonimo foglio ciclostilato, poi confluito operativamente
in “Mondo Beat” insieme ad altri gruppi beat e provos, milanesi
nell’intento di aumentare la “massa critica” e l’incisività del
movimento. In secondo luogo, per quanto ricordo io, era stato in
carcere non per l’erba, ma perché –da pacifista radicale- aveva
rifiutato di indossare la divisa e di prestare il servizio militare per
lo Stato italiano e perciò era stato rinchiuso a Gaeta, insieme ad un
altro pacifista del suo gruppo. Non posso escludere che sia stato
imprigionato anche una seconda volta perché fumava l’erba. Molti,
nel movimento della controcultura giovanile, lo facevano a quei tempi
nella convinzione che si trattasse di un mezzo dai poteri sciamanici
per “allargare la coscienza”, cioè un mezzo di introspezione per
cercare di comprendere meglio i propri condizionamenti personali
–derivanti dalla famiglia, dal ruolo nel lavoro e nella società, ecc.,
in una parola: condizionamenti borghesi- e, attraverso questo
“supplemento di coscienza” cercare di superare quei condizionamenti. Un
po’ hegeliano, per la verità, come dire che “La coscienza dei propri
limiti contiene già la possibilità del loro superamento”. Ma non è così
semplice. A tutt’oggi, del resto, molti giovani e giovanissimi vengono
ancora arrestati per uno spinello, nonostante da 40 anni esista un
movimento diffuso per la liberalizzazione della cannabis, mentre i boss dell’eroina la fanno franca.>>
<<
Il secondo punto che mi ha colpito è che la Salaris, a proposito
del “Colpo di mano”, scrive che si trattò di un numero
“clandestino”. Mi chiedo che senso abbia tale aggettivo, visto che il
“Colpo di mano” fu stampato in 5.000 copie che vennero diffuse
attraverso i soliti canali dell’underground. Io stesso, per esempio,
insieme ad altri compagni, lo portai al concerto dei Led Zeppelin al
Vigorelli, anche se in quella occasione non riuscimmo a diffonderlo
perché la polizia, in assetto antisommossa ci attaccò prima che
potessimo giungere allo stadio. Lo diffusi, invece, al concerto dei
Pink Floyd in una periferia estrema di Brescia, oltre a portarlo alle
solite librerie di movimento, all’università, agli amici, ecc..>>
<<E’ molto
discutibile poi la semplificazione della Salaris quando scrive che
Gianni Emilio Simonetti (GES, si firmava nelle sue opere artistiche)
“riuscì a trascinare con sé il condirettore Guido Vivi”. Ma perché ci
riuscì? E prima ancora, perché Gianni decise di tentare il colpo di
mano situazionista? Come ho raccontato la volta scorsa, GES ci diede le
“dritte” su come realizzare “Bleu”, il “manifesto” della controcultura
mantovana, il nostro “manifesto”. Una volta stampato, ne portammo
parecchie copie all’ArcDo per la diffusione e per l’archiviazione.
Gianni, pur mantenendo la sua attitudine programmaticamente “critica”
(la “critica radicale” era d’obbligo tra situazionisti e aspiranti
tali) era visibilmente contento: non si aspettava un livello
qualitativo così elevato del giornale e cominciò a tenerci in maggiore
considerazione. C’è anche da dire che noi avevamo 22-23 anni e lui
circa 10 di più, molta più esperienza, molte più capacità teoriche e
dialettiche e molte più relazioni con il movimento della controcultura
nelle sue varie sfaccettature e articolazioni, e con il mondo artistico
e culturale milanese, mentre noi venivamo dalla provincia. Cominciò a
pensare che il fatto che una cittadina sperduta nella campagna padana,
con meno abitanti di Sesto San Giovanni, avesse potuto dar vita a un
frutto proibito come “Bleu” fosse sintomatico del fatto che il pensiero
situazionista avesse fatto presa in Italia più di quanto apparisse in
superficie e che avrebbe potuto fare ancora maggior presa
nell’immediato futuro. Così, poco tempo dopo ci chiese se gli davamo
una mano a fare un numero “speciale” di “Re Nudo” nell’intento di
tentare di imprimere una svolta radicale al giornale e una
accelerazione al movimento della controcultura nella direzione della
rivoluzione sociale, a partire dalla messa in discussione della
quotidianità colonizzata dal capitale (cioè: sottomessa e
funzionalizzata alla produzione e riproduzione del plusvalore). Se ben
ricordo, ci fu una discussione al nostro interno e sulla questione ci
spaccammo perché qualcuno riteneva –ora credo giustamente- che sarebbe
stato meglio fare una nuova testata anziché litigare per la vecchia
(vecchia di 6 mesi!), ma Gianni valutava preferibile cercare di portare
con noi la parte più avanzata dei lettori di “Re Nudo”, anziché
iniziare ex novo. Io e qualcun altro dei mantovani aderimmo al progetto
di GES e collaborammo alla redazione del “Colpo di mano.” Mi spiace che
non sono in grado di raccontarvi più dettagliatamente i contenuti del
giornale perché la mia copia mi fu sequestrata tanti anni fa. Chi fosse
interessato a leggere l’editoriale in cui si annunciava il colpo di
mano e se ne spiegavano le motivazioni, lo trova sul libro “…ma l’amor
mio non muore” (III edizione, novembre 2003, Derive e approdi, pag.
206-207).>>
“Diventa ogni giorno più difficile resistere con le parole.”
Dante Goffetti, Bergamo, 10 luglio 2011
Sul “Re Nudo Colpo di Mano” merita riportare anche la versione di Andrea Valcarenghi, direttore di “Re Nudo” dal numero 0:
<<Improvvisamente la mia camera si popola di hippy di
tutti i tipi; siamo al gran completo, una vera e propria riunione
generale. Ma manca ancora il generale vero. Eccolo! Improvvisamente
entra un essere strano in tenuta da giocatore da baseball, con
scarpette da tennis, giacca a vento e capelli scarmigliati. “Basta con
il comunismo da spettacolo! Vogliamo il comunismo di guerra!” “Via i
fanatismo mitologici!”Lo sguardo è perplesso; perfino i più disponibili
a criticare il giornale non riescono a sintonizzarsi con lui. Guido e
un neofita di nome Paolo sono gli unici. La rivoluzione sembra arenata
ma io non so ancora che nonostante la sconfitta Guido e Gianni Emilio
Simonetti tenteranno il colpo di stato. Ovvero: come riuscire a
usurpare la testata alla maggioranza e sperare di vivere felici. Il
colpo di stato si chiama “COLPO DI MANO”!, scritta che compare su un
“Re Nudo” n.6 clandestino, con una tiratura dimezzata [5000 copie]. Un
giornale che non si prefigge tanto di vendere ma quello di funzionare
da deterrente in una situazione di crisi. Cioè aveva lo scopo di
scoraggiarci, di farci mollare.>>
(Andrea Valcarenghi, Underground a pugno chiuso, Arcana, Roma, 1973, pag.86)
La testimonianza di Valcarenghi mi ha fatto ricordare che, in
effetti, fu convocato quello che allora si chiamava un “consiglio delle
tribù” dell’underground.
L’idea di Gianni, che si sentiva rafforzato dalla nostra presenza e
dall’appoggio del condirettore di “Re Nudo”, Guido Vivi, era quella di
esporre al consiglio l’esigenza di una radicalizzazione delle posizioni
di “Re Nudo” in chiave di una critica globale dell’esistente
capitalistico. Al consiglio parteciparono i redattori di “Re Nudo”,
esponenti di vari gruppi della controcultura milanese e rappresentanti
di varie testate dell’underground. Anche se la maggior parte dei
presenti avvertiva l’esigenza di una maggiore incisività nei confronti
dell’assetto sociale borghese, la proposta di Gianni di imprimere una
maggiore radicalità a “Re Nudo” non passò.
C’era un sistema di rapporti e di equilibri interni che avrebbe
probabilmente rischiato di saltare in aria con effetti imprevedibili.
Un sistema di rapporti che era il frutto di lunghi anni di lotte del
movimento beat, underground e controculturale, e un sistema di
alleanze, solidarietà, sostegno reciproco. Così la proposta di Gianni
passò in minoranza, con la chiosa del consiglio che ciascuno si facesse
la propria testata, che c’era spazio per tutti.
Fu allora che maturò l’idea della forzatura, del colpo di mano,
perché Simonetti e Vivi insieme si sentivano altrettanto legittimati di
Valcarenghi a dirigere la testata.
IL “Re Nudo Colpo di Mano” segnò anche la fine dei nostri buoni
propositi di dare un seguito a “Bleu”. Un po’ perché in quei mesi
vissuti intensamente maturarono scelte esistenziali diverse da parte
dei vari componenti della redazione, un po’ perché l’approdo all’ArcDo
a Milano e il “Re Nudo Colpo di Mano” impressero un’ulteriore
accelerazione alle rispettive scelte politiche. Uno di noi tornò a
Mantova ad organizzare un cineforum su Woodstock, per poi dedicarsi
alla costruzione e messa in funzione della prima “radio libera” della
città. Un altro partì per un viaggio di iniziazione spirituale in
India, e quando tornò riscoprì gli ideali del cristianesimo primitivo e
si fece prete.
Riccardo ed io (i consiliaristi di “Bleu”), partecipammo al “Colpo
di Mano”. Poi io mi lasciai assorbire dagli impegni dello studio, della
famiglia che mi ero formato nel frattempo, e del lavoro. Riccardo fu
l’unico di noi che partecipò alla redazione del libro “…ma l’amor mio
non muore” con Gianni Emilio, Guido Vivi e altri componenti della
“Banda del Gobbo Internazionale”. Poi persi di vista anche lui per
molti anni.
La mia esperienza controculturale era iniziata nel 1966 con “Un
occhio in due”, un giornalino di poesia autoprodotto, e si concluse nel
1972 con il numero unico de “Le streghe”. Da lì in poi, finito il
periodo degli studi universitari e iniziata la vita da lavoratore,
cominciò un altro percorso.
Dante Goffetti, ex-componente della redazione di “Re Nudo Colpo di Mano”
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