Ma dove vanno i giornalisti ?
(Fatti e misfatti della stampa specializzata)

di Red Ronnie

Orrori e malefatte del giornalismo in campo musicale. Potrebbe essere un buon titolo per un pezzo. Un articolo che si confonderebbe in mezzo a tanti e che affonderebbe nell'ormai generale disinteresse che gratifica la carta imbrattata da argomenti musicali.

Sono passati molti anni da quando in Italia c'era praticamente solo una testata, Ciao 2001, che aveva il monopolio di tutte le informazioni dirette a chi si interessava di musica. Questa egemonia ha partorito miriade di giovani con gli stessi gusti. Vai a controllare nella tua discoteca; se hai un album di Genesis, Yes, Pink Floyd, Vand Der Graaf Generator e Gentle Giant, sei un figlio di Ciao 2001.
A ben poco sono valse le casuali e timide concorrenze di testate come Gong e Muzak. La prima... non ci si capiva nulla. Era scritta in maniera assolutamente incomprensibile. Le idee erano buone, ma spacciava solo fumo arzigogolato. Alla fine di una recensione non capivi se ne aveva parlato bene, se ne aveva parlato male o se aveva davvero parlato di quel disco. Muzak invece è durata troppo poco. La prima serie è finita dopo una dozzina di numeri e quando si è ripresentata era già morta. Ciao 2001 si stava nel frattempo sempre più adagiando sul suo trono di rivista leader del settore. Contemporaneamente cresceva però anche il numero di chi si procurava direttamente riviste estere.
Intanto era arrivato Popster. Ma la situazione non era migliorata di molto. Se non altro c’era una onestà maggiore. Gli articoli erano ancora copiati, ma questa volta legalmente. Il mensile aveva infatti acquistato i diritti da Rock & Folk. Anche se questo però non lo autorizzava a copiarne le lettere. Inizialmente infatti la rubrica delle richieste di informazioni era tradotta letteralmente dal mensile francese. Anche il nome dello scrivente veniva italianizzato.
Ma c'erano nelle riviste italiane interviste o articoli originali? Certo, ogni tanto.

Piccola storiella di intervallo:
Si era nel periodo in cui nessun complesso straniero veniva a suonare  in Italia. Alcuni giornalisti erano andati a Montreux con il viaggio organizzato da Medianova  per il concerto dei Roxy Music. Sul pullman c'erano molti di quelli che avevano sfondato le porte dei palasport al grido di: musica gratis! Ed ora pagavano 35.000 lire per un concerto... ma questa è un'altra fiaba. La casa discografica italiana era riuscita a procurare una conferenza stampa con  i Roxy Music. Uno di questi giornalisti, che chiamiamo per comodità Massimo Poggini, ha assistito passivamente alle interviste con un microfono distrattamente puntato sulla scena. Tornati in Italia il buon Poggini ha bruciato tutti sul (?) del (?) 1 aprile ‘79 raccontando: « ... Prima del concerto abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Phil Manzanera e Andy McKay…».
Ma il pesce d'aprile non lo ha fatto solo ai suoi colleghi, ma anche ai lettori. Infatti le risposte dei due Roxy erano tradotte cosi bene da far concorrenza ai romanzi di fantascienza. Un esempio? Alla domanda su cosa Manzanera pensasse della New Wave, lui aveva risposto: «Mi piacciono i singoli (45 giri) dei Sex Pistols». Il Poggini ha tradotto: Seguo con interesse i singoli componenti (dei Sex Pistols  perché mi sembrano personaggi abbastanza originali».
Mentre vi sorbivate la storiellina, attorno sono successe parecchie cose. Le riviste musicali sono spuntate come funghi. Il Mucchio Selvaggio nasce da Stefani e Carù. Poi i due litigano e Carù crea L'Ultimo Buscadero. Ambedue le riviste sono rivolte ai nostalgici dei country rock più tradizionale, anche se il Mucchio ha una parte occupata esclusivamente dalla new wave specializzata.
Popster sta per fallire e la redazione, con un golpe, crea Rockstar. La grafica è sempre lussuosissima e la rivista diventa la più prestigiosa in lingua italiana… In lingua italiana? Continua sempre a tenersi i diritti di Rock & Folk e recentemente si è affidata molto all'opera di due giornalisti stranieri. Con l'estate ha perso anche quel mordente che aveva in passato, anche se per novembre sono previste nuove iniezioni di energia.
Rolling Stone è uscito in edizione italiana. Ha avuto una vita molto travagliata. Lotte interne. Un amministratore che se n'è scappato con un tot di soldi lo ha messo in difficoltà per la seconda volta. forse non riaprirà più, anche se la redazione milanese vuol fare di tutto per tornare in edicola.
Forse è sparito definitivamente pure Musica 80, anche se c'è chi sussurra che la testata sia in vendita.
Fare musica e un mensile molto pulito. Ha dedicato una copertina a Jimi Hendrix ed è andata esaurita, a dimostrazione che i vecchi mostri sacri hanno ancora un grosso potenziale d'acquisto.
E le cose nuove? E le fanzine? Poca roba. La prima fanzine italiana è nata a Milano per opera di Maurizio Bianchi. Si chiamava Dudu, poi Pogo o viceversa. Sono arrivate poi Teenage Lobotomy di Claudio Sorge e Red Ronnie’s Bazar, la prima ad allegare documenti sonori (cassette all'inizio e dischi poi). Ne sono seguite parecchie altre. L'unica pero che è diventata rivista con regolare distribuzione in edicola è Rockerilla.
È l'impaginazione del detto «Nulla di nuovo sotto la luce dei sole». Rockerilla e l'esasperazione di un mito inglese, e l’abbruttimento a livello collezionistico della new wave.

Seconda storiellina di intervallo:
Londra. Il sottoscritto entra assieme a Spizz nel Club Heaven. Qui il leader degli Athletico Spizz 80 gli presenta una giornalista italiana che vive nella capitale inglese. È corrispondente di Rockerilla e del Mucchio Selvaggio. Sempre per comodità le diamo il nome di Alessandra Sartore. Con lei c'è un ragazzo che ha sulla giacca una spilla degli Spizzenergi. Raffigura la copertina di «Where's Captain Kirk?». Il discorso cade subito sul badge. Bello vero? La ragazza risponde: « È mio ma mi vergognerei a portarlo». E perché mai ? «Beh, sai non è che Spizz sia più di moda nell'ambiente giornalistico. Ormai tutti lo snobbano e gli ultimi suoi concerti sono stati semivuoti. Sai, qui in Inghilterra quando i giornalisti ti ignorano sei finito».
Boh? Per me Spizz è fantastico e me  ne frego di cosa sia di moda. - Conversazione troncata perché i due protagonisti realizzano di trasmettere su sintonie opposte.
Vero è che la stampa in Inghilterra ha un potere gigante. È paragonabile a quello della televisione in America. E i giornalisti seguono le mode; anzi, cercano di crearle. Ogni testata si butta su qualche nuovo fermento sperando sia quello buono.
The Face ha aumentato notevolmente le vendite da quando ha scoperto e lanciato i nuovi romantici. Sounds e al centro di casini da quando ha dato spazio alla musica delle frange più naziste degli Skinheads.
La situazione è però ad un punto di saturazione. In Inghilterra l'abbruttimento è totale. Le fanzine, che dovrebbero dire qualcosa di nuovo, nascono e muoiono apaticamente.
«Ricevo telefonate di ragazzi che mi chiedono consigli sul come chiamare la fanzine che stanno per fare. Quando poi domando loro chi vogliono intervistare, mi dicono che lasciano scegliere a me, tanto per loro è lo stesso» (Claude Bessy, addetto stampa di Rough Trade).

In Italia la falsitá che da anni ha accompagnato gli articoli musicali ha reso i fruitori pressocché totalmente indifferenti ai messaggi. Vedere lo stesso giornalista che su Rockstar ti decanta i Joy Division per poi farti un dossier sull'heavy metal fa solo capire che a lui non gliene frega niente ne dell'uno ne dell'altro.  Leggere sempre i soliti arlicoli scritti stancamente per due lire a cartella o, peggio ancora, gratis... annulla ogni desiderio di leggere.

Ultima storiellina. Attenzione perché in questa c'è nascosta la morale del tutto.
Alla fine di luglio Bologna è stata teatro di parecchi incontri autogestiti. Sono quelle cose che non servono a nulla e che si chiamano convegni. Ce n'era anche uno nominalmente intestato alle riviste musicali europee. In realtà si è risolto in un assolo inglese. Invitati, con viaggio, vitto e alloggio pagati, alcuni personaggi  d'oltre Manica. La famosa giornalista Vivien Goldman di NME ha raccontato belle cose sulla stampa di casa sua. Ha detto anche che ultimamente si è allontanata dallo stretto campo della critica musicale per addentrarsi nei problemi sociali che stanno interessando i giovanotti britannici e bla bla. Alla fine ha preso la parola Claude Bessy che prima di lavorare per Rough Trade aveva fondato la fanzine Slash a Los Angeles. Claude ha esordito:
«Ascoltando quanto ha detto finora mi  sono venute in mente le parole di una canzone di John Cale: It's a waste of time, it's a waste of. money, it's a waste of paper, it's a waste of energy. È uno spreco di tempo, è uno spreco di denaro, e uno spreco di carta, è uno spreco di energia). Mi sembra di assistere ad una conferenza di surrealismo.
Probabilmente in questo momento a Manchester ci sarà qualcuno che sta parlando dei problemi delle riviste italiane».
Acentrandosi nell'argomento in dibattito, ha continuato: «Una stampa che dia informazioni di quello che succede nella musica è necessaria. Il problema nasce quando la stampa dimentica questo suo ruolo e prende un ruolo guida. In Inghilterra succede questo; ma c'e già chi sta cercando di ripulire le malefatte della stampa inglese. Ma se continuiamo in questo modo scoraggeremo qualsi persona dall’impegnarsi in una stampa musicale veramente responsabile. Per ogni giornalista o compagnia onesti, ve ne sono almeno cinquanta che sono li solo per interessi personali». La conclusione di Claude Bessy è stata poi lapidaria: «Penso che l'unica cosa che voi potrete portare a casa dopo essere stati qui è l'esempio di ciò che non dovete fare».
Ma dov'era la morale di questa favoletta? Che bisogna stare attenti perché ci sono sempre più in giro mosche bianche; semplice no?
E S&M cosa c'entra in tutto questo? S&M è nell'invidiabile posizione di non dover andare alla ricerca dei lettori perché si trova già su un piatto d'oro i due milioni di visitatori che ogni mercoledì Resto dei Carlino e Nazione gli offrono. Può quindi operare scelte più coraggiose svincolate dalla marchetta della ricerca di un numero di acquirenti necessario alla sopravvivenza.
Vabbè ma in fin dei conti cosa ha poi detto questa lunga sbrodolata sulla musica scritta?

Niente, assolutamente niente.

P.S. - L'articolo è stato buttato giù d'un fiato. Si chiede quindi scusa a chi per dimenticanza non è stato citato... e a chi avrebbe preferito non essere citato. Sorry.