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Rolling stone edizione italiana
Pubblicazione quattordicinale. Il primo numero risale al 12-25 aprile del 1980 al costo di 600 lire / 48 pagine
Redazione: Claudio Baiata, Anna Di Biagio, Giacomo Mazzone
Direzione editoriale: Alberto Gasparri, Antonino Antonucci Ferrara, Maurizio Baiata
Condirettore responsabile: Guido Tassinari
Capo dei servizi speciali: Carlo Massarini
Sommario:
Rock & roll
Pag. 3 Utopia (una introduzione) di Alberto Gasparri
Pag. 6 Rolling stone e la sua carta del cielo di Marcello Testa e michele Lo Grippo
Pag. 7 Fleetwood mac di Daisann Mc Lane
Pag. 10 Virgola, punto e rocckerrolle di M. Baiata
Pag. 11 Roma-New York: binario rock di F. Schipani
Pag. 14 Rock e Italia di C. Massarini
Pag. 19 Patty Smith di Ida Travi
Pag. 20 Police di Kristine Mc Kenna
Pag. 41 B 52's di Scott Isler
Random Notes
Pag. 13 Bob Dylan di Enzo Capua
Servizi speciali
Pag. 22 Antonello Venditti: intervista di C. Massarini
Pag. 28 Il giocatore: intervista con Albertosi poco prima dell'arresto di Italo Vignoli
Pag. 30 Pietro Mennea: intervista di Gianni Minà
Pag. 33 Bad Boys in Berlin (Bowie ed Iggy tra le ombre di Berlino) di Chris Hodenfield
Pag. 37 The Rose (Bette Midler....) di Timoty White
Pag. 36 Recensioni dischi

Riccardo
Barberi, che per Rockol ha rievocato la lontana esperienza. “Che
ricordo ne ho? Mi torna in mente la sede di lavoro, innanzitutto: tre
locali più bagno alle spalle di viale Cassala, con bottiglie di whisky
sparse ovunque: un ambiente molto bohemienne come doveva essere, in
origine, quello del Rolling Stone americano. Con la differenza, con
tutto il rispetto, che loro avevano i Grateful Dead e noi avevamo i
Nomadi”. “Con noi”, racconta Barberi, “iniziarono a collaborare
giornalisti come Peppo Del Conte, Paolo Scarpellini e Bruno Marzi. A
finanziare l'impresa erano Claudio Conversi, allora proprietario
dell'Odissea 2001, e un avvocato siciliano di cui non ricordo il nome,
già editore di riviste erotiche e scandalistiche come Penthouse e O.V”.
Presto, però, anche il team lombardo dovette fare i conti con la dura
realtà. “L'edizione milanese”, spiega l'ex redattore, “era diversa da
quella romana, che ricalcava fedelmente l'originale nella grafica e nei
contenuti. Scegliemmo un formato tabloid, tipo 'la Repubblica': ma la
qualità della carta era pessima, la grafica scadente e il tentativo di
passare alla periodicità quindicinale, dopo qualche numero, si rivelò
disastrosa. Volevamo essere una via di mezzo tra il Rolling Stone
originale e un giornale capace di aggredire un pubblico di gusto
diverso, com'era quello italiano di allora. La stessa rivista americana
faticava allora a tenere il passo con i tempi, continuava a spingere
Eagles e Jackson Browne mentre esplodevano il punk e la new wave. Noi
provammo a cavalcare quell'onda di rinnovamento culturale e non solo
musicale, ma il pubblico purtroppo non ci seguì”.
Venuto
subito meno l'apporto degli inserzionisti, si cercò di far pubblicità
alla rivista battezzando con lo stesso nome il locale di Corso XXII
Marzo che all'epoca apparteneva a Conversi e che ancora oggi si chiama
Rolling Stone. “Non facevamo solo un giornale, ci eravamo anche
improvvisati tour manager di artisti inglesi: fu un'epoca
pionieristica, per quanto viziata da troppa approssimazione”, conclude
Barberi. “Personalmente, me la ricordo come un'esperienza bella e tutto
sommato formativa”.
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