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Poesia nella strada
un sentito ringraziamento a Marco Morello per aver partecipato a questo piccolo progetto
........ un ricordo interessato di Marco Morello
Il mio coinvolgimento nella redazione e nelle vicende dell’ormai mitico
aperiodico di poesia urbana data dal 1978, dal numero 3, copertina
rossa.
Il primo numero, del ’77, era
stato esclusivamente a nome di Attilio Ianniello e con le grafiche
dello sbalorditivo amanuense Gianni Bava, che contribuirà i suoi
visionari disegni spaziali e la scrittura assolutamente a mano di tutti
i fascicoli fino al numero 6.
Dai
territori dell’anarchia monregalese la rivista si allarga, dal secondo
numero, blu notte, ad accogliere apporti politici, ma soprattutto
poetici, più variegati. Il numero 3, del settembre
’78, ospita interventi di personaggi del calibro di Aldo Piromalli e
Gianni Milano, oltre che dell’anfitrione Ianniello, di chi scrive e di
molti altri.
“Poesia nella Strada” N 4, del febbraio 1979, sempre proposto a 500
£ire, esce raddoppiato nel numero di pagine (24 + 24) grazie
all’inserto speciale di Enzo Colamartini e inalberando una quarta di
copertina skocking, con l’elenco impronunciabile di tutti i diavoli…
Dal quinto numero (1979), verde, gli apporti grafici si differenziano e
il fascicolo è arricchito dall’inserto “Canzoni di randagità” di Gianni
Milano, risalenti agli anni ’60.
Nel
marzo ’80, il sesto fascicolo, blu, ospita l’inserto “La Vasta Landa”,
una parodia a quattro mani di Morello e Polieri; oltre a pezzi di
Giorgio Luzzi, Roberto Precerutti, Roberto Bertoldo.
Il settimo numero, del dicembre ’80, vede le ultime apparizioni dei due
fondatori, Ianniello e Bava, che hanno optato per un minore impegno
redazionale e un progressivo richiudersi nell’avìta Mondovì.
Tocca qui fare un cenno alla tiratura e alla diffusione sul territorio
nazionale di “PnS”: se il primo numero fu edito in 100 esemplari,
successivamente si passò a tirature di 300, 500 e persino 1000 copie
(da impaginare e pinzare rigorosamente a mano), quando si poté contare
su un fantomatico distributore romano, il quale a un bel momento si
rese irreperibile, prosciugando le esigue casse della redazione, che
ricominciò a diffondere il prodotto ad personam, riuscendo appena a
coprire le spese per il numero successivo, con tirature che
precipitarono nuovamente a 300, fino alle 100 fotocopiate dal
sottoscritto dell’ultimo numero, il dodicesimo, nella primavera del
1986.
Ma torniamo al numero 8, primo
della mia gestione “assolutista”, con una redazione sempre cangiante e
ondivaga, che poteva contare sui contributi di amici quali Pietro
Tartamella, Mino Rosso e Mario Sgotto, allora membro della prima Banda
Osiris (la cui presenza iconografica illustra di sé il numero 9, della
primavera ’83).
Arricchimenti
sostanziali si ebbero con l’avvento degli artisti disegnatori Charlie
Prandi e Tullia Piccoli (numeri 10 e 11, 1984 e 1985), che diedero una
nuova veste grafica alla rivista.
E
giungiamo così al già citato fascicolo conclusivo, il 12°, con la
redazione allo sbando, il direttore omonimo a barcamenarsi tra grafiche
riciclate e brani non tanto poetici quanto ormai critico-filosofici, le
scarsissime finanze e una nuova stagione che si annunciava, con le
successive rinascite o rifondazioni di “Poesia nella Strada”, prima
ribattezzata “P.O.Box” per pochissimo tempo, e poi metamorfizzata nella
rivista di poesia e critica letteraria internazionale “Hebenon”
(direttore Roberto Bertoldo, collaboratori storici: Piero Flecchia,
Sandro Montalto, Morello).
La sede
redazionale, in oltre trent’anni, è trasmigrata più volte da Mondovì, a
sedi itineranti in Torino, a Castiglione e infine a Burolo d’Ivrea.
Morale: per una decina d’anni, quelli altrimenti definiti di piombo,
siamo riusciti a diffondere un foglio più che dignitoso in ambienti
giovanili, quelli dei concerti rock e dell’università, dando voce e
visibilità a poeti e scrittori, quali rientrati da allora nell’ombra,
quali ancora sulla breccia, ancorché orgogliosamente underground.
(marcomorello – 18.5.9)
Marco
Morello, Torino, 1956 – insegnante di inglese alle superiori; attivo
poeticamente dal ’72 con readings in varie sedi (Torino, Vercelli,
Milano) e collaborazioni a riviste del settore (PnS, Offerta Speciale,
Sorbo Rosso, Zeta, Hebenon, Corto Circuito). Pubblica, sempre
tassativamente a sue spese, ma con tirature di 300 copie sempre
esaurite, “Semplicità” (1976), “Quartine per ‘Lù” (2001), “111 haiku”
(2005), oltre alla traduzione da John Taylor de “Gli Arazzi
dell’Apocalisse” (2007, Quaderni di Hebenon).
Contribuisce dal ’79 con le sue creazioni ludolinguistiche alle
rubriche della Stampa-Tuttolibri e La Repubblica-Il Venerdì-Lessico e
nuvole a firma di Giampaolo Dossena e soprattutto Stefano Bartezzaghi,
il quale lo cita abbondantemente nei sui testi (Accavallavacca essendo
una sua fortunata creazione, e non di Bergonzoni).
Da qualche anno tiene due rubriche, una di punzecchiature letterarie,
l’altra di poesie e giochi linguistici, sul foglio telematico
www.ilgiornalaccio.net.
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